Alcune di queste leghe hanno trovato impiego anche nel settore biomedicale, nello specifico nel campo delle endoprotesi, in sostituzione delle più tradizionali leghe del gruppo α+β, come la Ti-6Al-4V e la Ti-6Al-7Nb, grazie all’assenza di elementi alliganti quali il vanadio e l’alluminio, che secondo alcuni studi risulterebbero responsabili di potenziali fenomeni infiammatori nei tessuti che circondano l’impianto e dell’insorgenza precoce di alcune patologie neurodegenerative, come il Morbo di Alzheimer.
Un’altra considerazione importante, che ne giustifica pienamente l’impiego in tale ambito, riguarda la marcata differenza tra i valori dei moduli elastici delle tradizionali leghe α+β (110-130 GPa) e quello delle ossa del corpo umano (circa 30 GPa). Un così marcato divario fa sì che i carichi meccanici esterni si concentrino essenzialmente sull’impianto, circostanza che ha come potenziale conseguenza l’atrofizzazione dei tessuti ossei limitrofi, la cui densità si riduce (osteopenia), fino eventualmente a degenerare in fenomeni di frattura. Sotto questo aspetto alcune leghe β, sviluppate appositamente per tale scopo, come la Ti-29Nb-13Ta-2Sn e la Ti-29Nb-13Ta-7Zr che presentano moduli elastici dell’ordine di 55-65 GPa, risultano sicuramente più idonee, permettendo di scongiurare il fenomeno appena descritto.

Si conclude qui questa prima trattazione sul Titanio e le sue leghe… in attesa dei prossimi studi ed aggiornamenti: continuate a seguirci!